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Consulente d’immagine e fotografo: imprevedibile e provocatorio

La ricetta di Paolo, consulente d’immagine e fotografo,: creare indignazione per dare coraggio e portare il cambiamento

di Redazione
paolo barigelli

Consulente d’immagine, fotografo, Paolo si definisce imprevedibile e provocatorio. La sua esperienza come fotografo matrimonialista e le competenze acquisite come consulente d’immagine lo hanno portato ad una visione della professione che ruota intorno “all’indignazione”. Che vuole essere uno stimolo al cliente che desidera intraprendere un cambiamento vero nella propria vita. 

Quindi non un atteggiamento adolescenziale, ma un vero e proprio stile di vita. Mira a supportare i propri clienti, dando loro coraggio per arrivare finalmente alla svolta. 

Quale era la tua strada prima di incontrare la consulenza d’immagine?

Da diversi anni sono un fotografo moda e wedding. La professione di fotografo matrimonialista è stata una mia scelta, mentre il ramo della moda mi è letteralmente “piovuto addosso”. Ho vinto una borsa di studio per un’accademia di fotografia specializzata nel fotoritocco moda e advertising.

Se dovessi intercettare un fatto che simbolicamente ha segnato un cambiamento quale sarebbe?

Il percorso presso l’Accademia si è sovrapposto con l’inizio di una collaborazione professionale con una famosa sartoria. Inizialmente in qualità di fotografo. Questi due avvenimenti mi hanno letteralmente aperto gli occhi su come potessi diversificare la mia figura professionale.

Se dovessi raccontare la tua professione con 3 aggettivi quali useresti e perché?

Scomoda, dinamica e imprevedibile. 

Scomoda. Perché chi si rivolge a me sa che trovo le soluzioni a problemi anche nelle condizioni più improbabili e impossibili.

Dinamica prima di tutto perché da freelance sono sempre in movimento. E poi perché ogni servizio fotografico o consulenza è sempre diversa dalla precedente. Diverse le necessità, diversi gli obiettivi e quindi diverso l’approccio che adotto, di volta in volta.

Imprevedibile perché è capitato che fosse necessario prendere un appuntamento con poco preavviso, rendendo quindi l’attività poco prevedibile. Peraltro, come in molti servizi fotografici moda da fotografo, anche durante il lavoro di consulente d’immagine può accadere qualcosa di imprevedibile che stravolge la scaletta. Bisogna saper improvvisare per non perdere una giornata di lavoro.

E se dovessi raccontarti tu come consulente usando solo 3 aggettivi come ti definiresti?

Attento, maniacale, provocatore. 

Essere attento mi caratterizza soprattutto nella prima fase della consulenza durante la quale sono intento nell’ascolto attivo, parlo molto poco. Pongo attenzione a qualsiasi sfumatura e dettaglio si possa carpire da quello che dice il mio interlocutore.

L’essere maniacale è una diretta conseguenza. Perché l’elaborato che consegno deve tener conto di tutte le informazioni che recepisco durante la fase di ascolto attivo.

Infine, credo di essere anche “provocatore”. Perché, di fatto, sono al servizio di una persona che desidera una consulenza perché ha una qualche necessità di cambiamento.E un vero cambiamento avviene quando si riceve uno stimolo forte, una scossa, una provocazione. Faccio in modo che ci si metta in gioco in tutto, per tutto, dando una scrollata a chi ho difronte. Soprattutto nel servizio fotografico post consulenza.

La creazione di un outfit da dove parte?

La creazione di un outfit parte dalla fine, ovvero dall’obiettivo che deve avere. Il contesto passa in terza posizione. Perché subito dopo l’obiettivo da raggiungere, metto la personalità di chi andrà ad indossare quei capi e, quindi, lo stile.

Quali sono gli ambiti della consulenza d’immagine che senti più vicini a te?

Sicuramente la creazione di outfit in base alla persona e al contesto, quindi stile e bodyshape. Credo anche questa predilezione sia una diretta conseguenza del mio lavoro come fotografo moda.

Prima di completare i miei studi, quando avevo la sensazione che una persona avesse scelto un look poco valorizzante, non avevo gli strumenti per poter comprendere appieno quali fossero gli elementi che generassero poca armonia tra loro. Adesso posso indirizzare le persone che si rivolgono a me verso scelte esteriori che le valorizzano appieno. 

Qual è il dettaglio di cui non possiamo fare a meno?

Tutti noi abbiamo quel dettaglio che mostriamo orgogliosi perché esprime senso di appartenenza a qualcosa, qualcuno. Quindi credo vada fatta la distinzione, se si vuole apparire per essere riconoscibili o meno.

Anche una persona che vuole rimanere anonima ha comunque un dettaglio da sfoggiare per renderla riconducibile anche solo ad un’idea. Faccio un esempio: l’outfit del “black-block” può essere considerato ironico e contraddittorio. Anche se ha il volto coperto e non può utilizzare tutti gli strumenti di stile è pur sempre riconducibile.

Penso quindi che, in maniera più ampia, non dovrebbe mai mancare quello che ne identifichi il proprio status symbol. Se l’obiettivo è quello di emergere e apparire.

Esprimi un desiderio e raccontamelo

Se devo esprimere un desiderio, direi che punto con il mio lavoro a “creare indignazione”. Il fatto è, che quando crei indignazione, significa che stai facendo qualcosa fuori dall’ordinario. A qualcuno può dare fastidio. Ma è proprio questo il metro di misura per capire che la strada è quella giusta.

Creare indignazione, significa smuovere animi e smuovere animi porta ad un cambiamento. Quello che agli occhi dei più superficiali potrebbe sembrare puro “atto immaturo/adolescenziale”, è invece la base per stimolare un cambiamento. Dare coraggio a chi ne ha più bisogno.

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