Sommario
Il mondo della moda non se lo aspettava: Gucci ha deciso di buttare all’aria il manuale delle buone maniere fashion e di riscrivere il copione con un colpo di scena che nemmeno in una telenovela sudamericana.
Invece di aspettare la solita sfilata di febbraio durante la Milano Fashion Week (come fanno i comuni mortali), la maison (ex)fiorentina ha preferito “spoilerare” in anticipo la collezione autunno/inverno 2025-26, lanciando La Famiglia con una campagna fotografica diventata virale alla velocità con cui si diffonde un meme.
L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno: il calendario segnava febbraio 2026 per il debutto di Demna, ma Gucci ha deciso di accelerare i tempi.
Il risultato? Una presentazione digitale globale, simultanea e orchestrata come un golpe social. Un “teaser” che, ironia della sorte, ha oscurato intere fashion week e fatto sembrare vecchia qualunque passerella ancora non iniziata.
Dove eravamo rimasti
La storia recente di Gucci è stata segnata da cambiamenti radicali e decisioni controverse. Dopo l’era rivoluzionaria di Alessandro Michele (2015-2022), che aveva trasformato il brand in un fenomeno culturale globale con la sua estetica massimalista e gender-fluid, la maison aveva scelto una strada completamente diversa con Sabato De Sarno.
Il designer pugliese, arrivato da Valentino nel gennaio 2023, aveva tentato di riportare Gucci verso una dimensione più “quiet luxury“, puntando su linee pulite, colori neutri e un approccio minimalista che doveva rappresentare una nuova maturità del brand. Tuttavia, questa visione non ha mai davvero convinto né la critica né il mercato. Le vendite hanno registrato un calo significativo, e soprattutto la “Gucci mania” che aveva caratterizzato gli anni di Michele sembrava essersi completamente spenta.
La decisione di sostituire De Sarno con Demna Gvasalia, il georgiano già alla guida di Balenciaga, è arrivata come un fulmine a ciel sereno nel luglio 2025. Kering ha giustificato il cambio con la necessità di “riaccendere la creatività e l’energia disruptive che hanno sempre caratterizzato Gucci”, ma è chiaro che dietro ci fossero pressioni economiche importanti.
De Sarno ha pagato il prezzo di una visione forse troppo conservatrice per un brand che aveva fatto della provocazione e dell’eccesso la propria firma distintiva.
La narrazione dell’archetipo
Per raccontare La Famiglia, Demna si è affidato a Catherine Opie, che ha messo in scena un albero genealogico immaginario popolato di archetipi: L’Archetipo col baule GG Monogram (per chi ha nostalgia della nonna col foulard), L’Incazzata col cappotto rosso anni ’60, La Bomba felina, Miss Aperitivo e, naturalmente, L’Influencer.
La domanda sorge spontanea: è una collezione di moda o il casting per una sit-com da binge-watching su Netflix? Probabilmente entrambe. Perché se oggi la moda vive di Instagram e TikTok, tanto vale dichiararlo apertamente. L’Influencer non è un personaggio: è la chiave d’accesso. Miss Aperitivo non è solo un archetipo milanese: è un hashtag vivente.
In altre parole, Gucci non fa moda per i musei, ma per i feed social. E onestamente, in un mondo in cui si compra più con un “swipe up” che con una carta di credito, chi potrebbe dargli torto?
Da quiet luxury a “arte della sprezzatura”
Il passaggio da De Sarno a Demna non è solo un cambio di stilista, è un cambio di paradigma. Lì dove De Sarno sussurrava con i suoi toni neutri e linee essenziali, Demna urla con ironia: la sobrietà è sopravvalutata.
La nuova parola d’ordine è “sprezzatura”. Non quella elegante e rinascimentale, ma quella sfacciata e un po’ teatrale. Scarpe scalzate come se fossero scivolate per caso (spoiler: nulla è per caso), monogrammi GG ripetuti fino all’ossessione, pezzi che gridano “guardami” senza nessun senso di colpa.
Gucci torna a essere ciò che è sempre stato: un brand che non si accontenta di entrare in una stanza, ma pretende l’applauso ogni volta che lo fa.
L’equilibrio perfetto (o quasi)
Il vero merito di Demna è aver trovato un equilibrio che sembrava impossibile. Michele era troppo onirico: collezioni splendide ma a volte più adatte a un museo di arte contemporanea che a una boutique. De Sarno, all’opposto, era pragmatico fino all’apatia: perfetto per chi ama i completi da ufficio, meno per chi sogna di vivere la moda.
Demna ha preso il meglio di entrambi e ci ha messo del suo. La Famiglia richiama la sensualità essenziale degli anni di Tom Ford, conserva la teatralità di Michele ma in versione più digeribile, e aggiunge un ingrediente fondamentale: la consapevolezza digitale. I suoi archetipi non sono solo personaggi di passerella, ma meme pronti per essere condivisi.
Il risultato? Una collezione che funziona sia su Instagram che nel guardaroba, sia in boutique che su TikTok. Un miracolo, se pensiamo che fino a pochi mesi fa Gucci rischiava di trasformarsi in un brand di lusso sì, ma da pensionati chic.
Con La Famiglia, Demna non firma semplicemente una collezione, ma riporta Gucci al centro del palcoscenico. E lo fa con la spavalderia di chi sa che, nel mondo della moda, il silenzio è peggiore di qualsiasi errore.
Gucci non vuole più essere discreto, né elegante nel senso “classico” del termine. Vuole tornare a essere esagerato, divisivo, chiacchierato. Vuole essere l’ospite che tutti criticano durante la cena, ma di cui il giorno dopo non smettono di parlare.
E in fondo, che cos’è la moda se non l’arte di disturbare con stile?