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L’alta moda e altre “tragedie”: i Met Gala 2025

Immunità critica, innovazioni prevedibili e mediocrità

di Angelica Eruli

Eccoci di nuovo, signore e signori, al più atteso evento della moda dell’anno: il Met Gala 2025. Quell’appuntamento imperdibile dove le celebrità si riuniscono per fingere di interessarsi all’arte mentre competono per chi riesce a indossare l’outfit più scomodo e meno pratico del pianeta.

Quest’anno il tema è “Sartorialità e Silhouette“, un concetto sufficientemente vago da permettere a chiunque di venire vestito praticamente come vuole, per poi sostenere con convinzione che il proprio look “rappresenta perfettamente il tema”. Come ogni anno, abbiamo assistito all’ormai tradizionale parata di abiti che nessuna persona normale indosserebbe nemmeno per perdere una scommessa, tutti accompagnati da spiegazioni concettuali così profonde da far sembrare Kant un autore di biglietti di auguri.

I biglietti, modicamente prezzati a 50.000 dollari garantiscono l’accesso a un evento dove le star possono finalmente fare ciò che amano di più: farsi fotografare mentre fingono di mangiare stuzzichini microscopici.

E naturalmente, fedele alla sua missione filantropica, il Met Gala raccoglierà fondi per il Costume Institute – perché cosa c’è di più urgente, in un mondo afflitto da guerre, cambiamenti climatici e crisi economiche, se non assicurarsi che i vestiti storici siano adeguatamente conservati?

Il tema del 2025: “Superfine: Tailoring Black Style

Il tema di quest’anno, “Superfine: Tailoring Black Style“, ha celebrato l’eleganza e l’influenza della moda nera attraverso i secoli. Ispirato al libro di Monica L. Miller, “Slaves to Fashion“, l’evento ha esplorato il dandyismo nero come forma di espressione culturale e resistenza sociale. La mostra associata, curata da Miller e Andrew Bolton, ha presentato 12 sezioni tematiche, tra cui “Ownership“, “Presence” e “Cool“, evidenziando l’evoluzione dello stile maschile nero dal XVIII secolo a oggi.

Il dress code “Tailored for You” ha invitato gli ospiti a interpretare il tema attraverso abiti su misura, riflettendo la personalità e la creatività individuale. Un invito che alcuni hanno colto con maestria, mentre altri sembravano averlo interpretato come un suggerimento opzionale

look di Anna Wintour e gli altri presentatori

Anna Wintour, l’inarrivabile dittatore della moda che si atteggia a sovrana del Met Gala da tempi immemorabili, ha sfoggiato quest’anno un outfit che potremmo definire “audacemente prevedibile”. La combinazione di abito argento e cappotto azzurro ha rappresentato perfettamente la sua filosofia stilistica: rimanere rigorosamente nella propria zona di comfort mentre si pretende di dettare tendenze rivoluzionarie agli altri.

Mentre i suoi sudditi erano costretti a contorsionismi sartoriali per soddisfare le sue aspettative regali, la nostra Anna si è concessa la libertà suprema di essere semplicemente… banale. Le reazioni “contrastanti” al suo look sono state in realtà un elegante eufemismo per dire che metà degli ospiti non ha osato criticarla apertamente (chissà perché!), mentre l’altra metà si chiedeva se per caso la temuta direttrice di Vogue avesse dimenticato il tema dell’evento che lei stessa ha organizzato.

Ma chi siamo noi per giudicare? Quando sei Anna Wintour, anche indossare una tenda da campeggio verrebbe definito “un’audace reinterpretazione del concetto di riparo portatile nell’alta moda”. Lo chiamano potere, noi preferiamo definirlo immunità critica.

Co-chair

Lewis Hamilton, pilota di Formula 1 prestato al mondo della moda, ha “brillato” in un tailleur di seta con ricami che avrebbe fatto sembrare un monaco trappista troppo appariscente. Il berretto e le scarpe Manolo Blahnik avrebbero dovuto suggerire un’estetica streetwear di lusso, ma l’effetto finale è stato più “ragazzo ricco che gioca a fare l’eclettico”. Il tutto disegnato da Wales Bonner, perché quando sei co-chair del Met Gala, è obbligatorio indossare qualcosa che nessuno potrebbe permettersi e che nessuno vorrebbe indossare.

E che dire di Pharrell Williams? Il suo look “minimalista” è stato la perfetta metafora della sua recente produzione musicale: essenziale fino alla sparizione. In un evento dedicato all’eccesso, scegliere il minimalismo è come portare un’insalata a una gara di abbuffate: tecnicamente ammissibile, ma completamente fuori luogo. Forse era un commento sul consumismo della moda? O più probabilmente, non aveva semplicemente voglia di sforzarsi.

A$AP Rocky, sempre fedele alla sua immagine di rivoluzionario della moda che in realtà segue solo tendenze già consolidate, ha optato per un outfit che “combinava elementi tradizionali con dettagli contemporanei”. Una descrizione così vaga che potrebbe applicarsi a praticamente qualsiasi capo d’abbigliamento prodotto negli ultimi cinquant’anni. La vera innovazione sarebbe stata presentarsi in pigiama e pantofole, almeno avrebbe comunicato una sincerità rinfrescante nell’oceano di pretenziosità del Met Gala.

Abbasso i pantaloni, bodysuit e calze brandizzati 

Met Gala sono diventati l’evento dove le star si presentano con mezzo guardaroba mancante ma al triplo del prezzo normale. Lisa ci ha regalato il concetto rivoluzionario di “giacca sì, pantaloni no” – una scelta audace che sicuramente non ha nulla a che fare con il desiderio di Louis Vuitton di mostrare quanti più loghi possibili su quei collant velati. Perché quando paghi migliaia di euro per un paio di calze, è fondamentale che tutto il mondo sappia esattamente chi le ha prodotte, preferibilmente su ogni centimetro quadrato di tessuto. Per non parlare del bauletto abbinato, nel caso qualcuno avesse il dubbio che i suoi collant fossero di un brand economico. Una silhouette “favolosa” che grida “ho speso l’equivalente di un mutuo per sembrare come se avessi dimenticato metà outfit in limousine“.

E cosa dire della sempre “divertente” Sabrina Carpenter che ha reinventato il tuxedo maschile… tagliandone via la parte più importante? Il bodysuit Louis Vuitton “su misura” è sicuramente una trovata geniale mai vista prima – se escludiamo ogni ballerina, performer di cabaret o adolescente su TikTok nell’ultimo decennio.

Helen Lasichanh, moglie di Pharrell Williams, ci ha fatto l’immenso favore di accompagnarlo con un look che grida “sono sposata con un direttore creativo di Louis Vuitton e non ho assolutamente avuto pressioni per indossarlo“. Abito bodyblazer, tacchi alti e – tocco di classe suprema – un bauletto di pelliccia, perché evidentemente le temperature glaciali di maggio a New York lo richiedevano. Nei suoi outfit si scorgono timidamente i loghi LV, con la stessa discrezione di un cartellone pubblicitario in Times Square.

Hailey Bieber, fedele alla sua reputazione di innovatrice della moda, ha osato presentarsi con un blazer dress... esattamente come ha fatto in ogni altro evento degli ultimi tre anni. Saint Laurent, ovviamente, perché cambiare brand quando puoi essere prevedibile? I sandali con plateau in vernice erano così alti che probabilmente ha potuto finalmente guardare Justin dritto negli occhi senza piegarsi. Un’acrobazia degna del Cirque du Soleil, ma con un budget decisamente superiore.

3 lezioni che abbiamo imparato da questi MET Gala

Le icone non hanno età – Diana Ross, 81 anni è ancora capace di far sembrare tutte le ventenni presenti come principianti dell’alta moda. Ritorna su un red carpet dopo 22 anni e lo fa con un abito “dal grande valore affettivo” – perché niente dice “ti voglio bene” come far ricamare i nomi dei tuoi familiari su un capo che costerà quanto un appartamento. Disegnato “assieme” al figlio Evan, nel senso che lui probabilmente ha annuito mentre i veri designer facevano tutto il lavoro. Una regina dal cuore d’oro e dal portafoglio altrettanto prezioso.

Osare è meglio di essere copiati – Zendaya, la regina del “meno è noioso”, ci ha stupito tutti presentandosi con… un abito maschile bianco. Rivoluzionario! Mai visto prima! Tranne forse a ogni matrimonio, prima comunione o in qualsiasi negozio di abiti da cerimonia negli ultimi duecento anni. “Niente eccessi solo purezza e fitting precisissimo” – traduzione: nessuna idea originale ma almeno le misure erano giuste. Louis Vuitton, naturalmente, perché quando non hai personalità, almeno hai un brand. E quel bianco sarà un indizio di nozze imminenti con Tom Holland? No, probabilmente è solo un indizio che il suo stilista era in vacanza quella settimana.

Farsi accompagnare dal direttore creativo – drammaticamente perfetta, Lana Del Rey accompagnata da Alessandro Michele dimostra che se hai un’estetica sufficientemente riconoscibile, puoi semplicemente riciclarla all’infinito. Valentino e l’ex direttore creativo di Gucci hanno creato un look che ha sorpreso esattamente zero persone, essendo perfettamente in linea con tutto ciò che hanno sempre fatto. Perché rischiare di innovare quando puoi semplicemente “vincere sempre” riproponendo la stessa formula? Un’ode al concetto di “se funziona, non aggiustarlo” – o più precisamente, “se vende, non cambiarlo”.

Il Met Gala 2025 ci ha dimostrato ancora una volta che con un buon budget, connessioni e una totale mancanza di originalità, chiunque può sembrare “iconico”. Appuntamento al prossimo anno, quando le stesse celebrità indosseranno variazioni degli stessi look, progettati dagli stessi designer, mentre noi tutti fingiamo che sia la cosa più innovativa mai vista nella storia della moda. Perché in fondo, cosa c’è di più esclusivo di un’esclusività totalmente prevedibile?

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