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Addio a Michela Murgia

A maggio aveva annunciato la sua malattia e da allora si è vestita di sorrisi e colori

di Annalisa Tortora
4 min

Lascia un’immagine di sé piena di colore, caldo ed avvolgente, oltre a battaglie, analisi, parole e prese di posizione. Un personaggio a cui l’Italia oggi rende onore, chi la pensava come lei e chi invece si è trovato agli antipodi del suo credo difeso con coraggio fino alla fine.

Il tempo migliore della sua vita

È morta Michela Murgia, chiunque oggi parla di lei. Aveva 51 anni e lottava, per la seconda volta, con un cancro che questa volta, lo sapeva, ce lo aveva detto, non le avrebbe lasciato tempo. La sua malattia però era parte di lei, così aveva raccontato, e la sua intenzione non era di combattere una guerra contro il suo stesso corpo. Aveva scelto di vivere più a lungo possibile: sto vivendo il tempo migliore della mia vita adesso, diceva. “Mi sveglio la mattina e dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno, mi licenziano? ”, aveva dichiarato in una recente intervista. Con l’avvento prepotente della malattia si è presa il tempo di fare tutto ciò che prima non aveva fatto, per pudore, perchè anche lei (e questa è forse la cosa più “sconvolgente”) era in qualche modo vittima di retaggi e stereotipi: “Volevo vedere le sfilate, ma sono sempre stata troppo pauperista e comunista, dicevo ‘ma se mi vedono alle sfilate cosa penseranno? Diranno che mi occupo di armocromia?’. Ma io non sono il segretario del Partito Democratico. Io ci posso andare. Non ho più limiti. Però vi dico: non aspettate di avere un cancro per fare la stessa cosa.”

Impossibile da definire in una categoria

Scrittrice, saggista, anima poliedrica, attivista, mille volti racchiusi in un viso tanto capace di regalare sorrisi avvolgenti con i suoi rossetti sgargianti e insieme capace di guardare i nemici dei suoi valori a muso così duro. Comunque la si pensi non possiamo che ammettere quanto la sua prematura scomparsa lascerà un eco di parole e di presenza che mancherà.

Dai romanzi alla famiglia Queer

Una persona che ha preso posizione per le persone: dai telefonisti nei call center (ricordiamo che il suo romanzo d’esordio “Il mondo deve sapere” fu canovaccio per il film “Tutta la vita davanti” di Virzì) a quelle che subiscono vessazioni per le loro differenze di appartenenza sessuale. “Good save the Queer” era scritto sul suo abito da sposa disegnato da Maria Grazia Ciuri, la direttrice creativa di Dior: nè veli, nè pizzi nè merletti per un matrimonio che più che il coronamento di un amore pur profondissimo è stato un gesto simbolico/politico a tutela e garanzia dei diritti che nel nostro Paese non sono diversamente garantiti. La fede nuziale per gli sposi e un anello per tutti, marito e figli d’anima, con l’immagine di una rana: “esprime la queerness della nostra esperienza familiare allargata. La rana è un animale transizionale, che nella sua vita cambia stato molte volte, da uovo a girino per svariati stadi prima di raggiungere la maturità, ed esiste dentro a un continuo processo di mutamento”.

La sua immagine

D’obbligo spendere parole per un personaggio moderno che certamente accompagnerà con le riflessioni fatte nel tempo e con gli scritti che usciranno postumi alla sua scomparsa, anche il nostro futuro.

E d’obbligo, visto dagli occhi di Iconic Image, accendere un piccolo faro sull’immagine che ci ha consegnato nei mesi della malattia: colorata.

Cappelli e turbanti, colori, rossetti e grandi tuniche sgargianti. L’immagine con cui oggi la saluta suo marito Lorenzo Terenzi. Per una donna abituata a prendere posizione e combattere per le proprie idee, motivo per cui oggi le rende omaggio anche chi notoriamente è stato oggetto delle sue disamine al culmine di vedute diametralmente opposte, come la Premier Giorgia Meloni, anche l’immagine dei suoi ultimi mesi di vita, dal momento dell’annuncio pubblico sulle sue condizioni di salute, è stata d’impatto. La calvizie causata dalla chemioterapia è stata vestita di cappelli stravaganti e turbanti colorati, nonostante la commozione mostrata rasando i capelli: un modo per essere riconoscibile senza attirare pietà ma generando un’immagine di forza. Se non accettazione sicuramente forza.

Ho scelto un messaggio

Collateralmente alla sua immagine colorata e sorridente c’è un messaggio su cui più di tutti gli altri mi piace concentrare l’attenzione perchè è un messaggio che forse trasversalmente tocca tutti coloro che non sanno esattamente cosa faranno da grandi, non sono nati già avvocati o medici o scrittori. Ma sanno che in qualsiasi modo cercheranno di essere felici.

“Non mi sono mai rassegnata a pensare che non mi spettasse la felicità. Quando mi dicevano: tu che cosa vuoi fare nella vita? Rispondevo non lo so, ma voglio essere felice”

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