Sommario
Mi ricordo ancora lo zainetto di mia mamma.
Era un Firefly Up, quelli belli grossi, nero in simil pelle. Ma la cosa che davvero colpiva era quella scimmietta appesa alle cerniere. Goffa, sproporzionata, con il musino marrone e il pelo nero. Me la ricordo benissimo, giocavo ad infilarle il pollice in bocca. Se ci penso mi viene una strana pelle d’oca e nelle narici quel profumo di Gloria Vanderbilt.
La scimmietta dello zaino
Per me era lo zaino della mia mamma, che ovviamente era speciale di per sé, ma un po’ di più a causa di quella scimmietta.
Lo zaino non so che fine abbia fatto ma ogni tanto ripenso a quella scimmietta attaccata che aveva il privilegio di stare con la mia mamma anche quando io dovevo andare a scuola.
Quel piccolo “feticcio affettivo”, quella coccola portatile, senza saperlo, parlava già di quello che oggi, trent’anni dopo, si nasconde dietro la moda dei LaBubu.
Se eri bambina o ragazzina nei primi anni 2000, sapevi che lo zaino non era completo senza il suo pupazzetto.
C’erano le scimmiette magnetiche, i mini peluche da edicola, e – come dimenticarli – i mitici Peak-a-Pooh: piccoli Winnie the Pooh travestiti da animali o da vegetali, pinguini, rane, orsi polari, melanzane, zucche… Attaccati con un filo, sembravano spuntare fuori per sbaglio, timidi ma decisi a farsi notare.
Erano simboli visivi di un’epoca in cui si cercava ancora protezione nelle piccole cose. Dove l’infanzia era affollata di oggetti transizionali, piccoli rifugi morbidi contro il caos del crescere.
Un mix tra sorpresa e protezione
Erano teneri, un po’ assurdi, spesso mordicchiati e malconci. Ma con una funzione precisa: creare legame, appartenenza, sicurezza.
In qualche modo, lo stesso bisogno ritorna oggi. Fast forward al presente: eccoli lì, i LaBubu.
Un’estetica kawaii un po’ stortignaccola, corpi esagerati, occhi vuoti ma teneri. Sono pupazzi, sono moda, sono TikTok, ma soprattutto sono il ritorno di un certo linguaggio emotivo.
Perché ci affezioniamo a questi cosini così buffi?
Perché sembrano proteggerci. Come i peluche di una volta, ma più strani, più consapevolmente assurdi. Sono oggetti post-infanzia, adatti a chi è cresciuto ma non si vergogna di voler ancora affetto, contatto, identità tenera.
In un mondo sempre più ansiogeno e frenetico, dove l’identità è fluida e la realtà spesso dura, i LaBubu sono un rifugio psicologico mascherato da moda.
Ci dicono: “Puoi essere fragile, puoi essere buffo, puoi abbracciare la tua parte più morbida.”
Quella scimmietta appesa allo zaino di mia mamma non era così diversa.
Era il segno di una dolcezza portata addosso, di un bisogno che non passa con l’età: quello di sentirsi tenuti, accompagnati, anche solo da un pupazzo. E così, quando vedo qualcuno con un LaBubu attaccato alla borsa, su una felpa o in mano, come fosse un trofeo tenero, non riesco a non sorridere.
È come se dicessimo tutti, ancora una volta: “Sì, anche io ho bisogno di qualcosa che mi tenga per mano.”
Credits immagine: Pinterest @aevren.