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Gli stivaletti dimenticati che diventano indispensabili

Perché desideriamo ciò che lasciamo andare

di Chiara Salomone

Proprio ieri una cliente mi racconta di come un suo paio di stivaletti, di quelli semplici con il tacco medio, che vanno bene tutti i giorni, abbiano riposato nel suo armadio per anni fino a quando una sera, chiacchierando con un’amica, le sono ritornati in mente e ha deciso di regalarglieli, proprio perché erano lì, inutilizzati.

La cosa che però l’ha stupita – e a anche un po’ incuriosita – è stato che da quel giorno gli stivaletti dimenticati le sono tornati in mente più volte, le è sembrato le servissero in più di un’occasione e cercandoli si è solo in seguito ricordata di averli regalati all’amica.

Come è possibile che quel paio di stivaletti dimenticati adesso le bussi così frequentemente alla memoria e le appaiano così necessari come non lo erano da anni?

Dissonanza cognitiva e nostalgia inconscia

Questo fenomeno è psicologico ed è estremamente comune ed interessante: si tratta di dissonanza cognitiva, combinata con nostalgia inconscia e con il paradosso del desiderio retroattivo.

Ma come funziona e cosa ci succede in queste occasioni? (dico “ci” succede perché nel racconto di questa cliente ci ho trovato la storia di tanti altri e anche la mia.)

Quando decidiamo di regalare qualcosa che non utilizziamo più prendiamo una decisione razionale: “Non li uso più, quindi cosa lo tengo a fare?!”. Ma una volta che l’oggetto viene dato via, si attiva una sorta di conflitto psicologico detto dissonanza cognitiva.

La decisione di sbarazzarsi di qualcosa che, a posteriori, potrebbe servire di nuovo, crea una discrepanza tra le azioni e i desideri. Quando ci accorgiamo della mancanza la mente cerca di “correggere” quella decisione creando una narrativa che giustifica l’oggetto come qualcosa di più necessario di quanto lo fosse in realtà prima.

Inoltre entra in gioco il paradosso del desiderio retroattivo. In pratica, quando non possediamo più qualcosa che avevamo, iniziamo a desiderarlo di più. Questo accade perché l’oggetto diventa difficile da ottenere, e il desiderio aumenta proprio quando non possiamo più soddisfarlo. Questo è legato alla psicologia evolutiva: il desiderio si intensifica proprio quando l’accesso a una risorsa diventa limitato o inaccessibile. In un certo senso, gli stivaletti, che prima erano facilmente disponibili, ora diventano un simbolo di qualcosa di desiderabile semplicemente perché non possono più essere acquisiti. Questa dinamica è ben visibile tra i più piccoli quando il gioco rimasto nell’armadio per mesi viene usato da un altro bambino e diventa l’oggetto conteso.

Mi sento, inoltre di portare l’attenzione ad un concetto che sotto Natale sentiamo declinare in diverse varianti e che qui ha una connotazione particolare in quanto si parla di oggetti: la nostalgia. Questa è legata all’attaccamento emotivo e anche se non siamo consapevoli un oggetto essere legato emotivamente ad un periodo della vita o a una fase della quotidianità. Anche gli oggetti più banali possono essere associati a emozioni, ricordi o semplicemente a un senso di comfort.

Chi sa che con il “senno di poi” non ci si accorga di “voler più bene” a quell’oggetto di quanto non si era consapevoli?!

Disponibilità immediata e desiderio

Un’ altra tendenza piuttosto tipica della nostra mente è quella di valutare gli oggetti o le situazioni in base alla loro disponibilità immediata, non considerando il loro valore intrinseco o il loro potenziale impatto finché non ci vengono a mancare. Ed è proprio quando sentiamo la mancanza di qualcosa che entra in gioco l’illusione del bisogno improvviso, ovvero si tende a ipotizzare un’urgenza di quel qualcosa, anche se in realtà non l’abbiamo mai veramente desiderato. Gli stivaletti, che non erano stati usati per anni, ora sembrano apparire come una “necessità” nelle situazioni quotidiane che la cliente vive, semplicemente perché non può più averli. È il classico effetto che si verifica quando ci rendiamo conto di aver rinunciato a qualcosa: la mente inizia a vederlo come una carenza che ora ha bisogno di essere colmata.

Psicologia dell’oggetto perso

Infine c’è, a mio avviso, un aspetto curioso legato alla psicologia dell’oggetto perso: quando non possiamo più ottenere qualcosa che avevamo, gli attribuiamo improvvisamente più valore: “Ti accorgi di quanto vale una cosa solo quando la perdi”. Questo è un meccanismo che ci fa sentire che ciò che non possiamo avere è più importante di quanto pensassimo prima. In psicologia si chiama “effetto della scarsità”: più qualcosa è difficile da ottenere, più sembra prezioso. Quindi, il fatto che gli stivaletti siano ora fuori portata li rende improvvisamente molto più desiderabili rispetto al passato.

Insomma quello che è successo alla mia cliente, ma che mi sento di generalizzare perchè è successo probabilmente alla stra grande maggioranza di noi, è un bell’esempio di come la nostra mente lavori su più livelli: la razionalità (non mi servivano), la memoria (ho dimenticato di averli), il desiderio retroattivo (ora che non li ho, mi servono) e il paradosso della scarsità (li voglio proprio ora che non li posso avere). La combinazione di questi fattori rende gli stivaletti improvvisamente indispensabili, anche se in realtà la loro utilità non era così evidente prima. Questo fenomeno è normale e parte del modo in cui interagiamo con i nostri ricordi, il nostro attaccamento agli oggetti e la nostra capacità di razionalizzare le scelte passate.

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