Sommario
Parlando con degli adolescenti, non molto tempo fa, mi sono sentita dire qualcosa a cui istintivamente ho risposto con un predicozzo sulla sostenibilità e il rispetto del mercato ma che poi mi ha frullato in testa per diversi giorni e ho capito meritasse un ascolto e un’attenzione più profonda (come quasi tutto ciò che gli adolescenti portano sul tavolo a noi adulti): “Perché dovrei spendere 1000 euro per un paio di scarpe se posso avere le stesse a un decimo del prezzo?”.
Alla loro età il mio pensiero era diametralmente opposto: “Perché dovrei accontentarmi di un paio di scarpe da 100 € se esistono quelle da 1000?”.
Un cambio di prospettiva
Così quella loro frase, a rigor di logica estremamente funzionante, mi ha aperto una riflessione su un cambio di prospettiva profondo, quasi epocale, su cosa sia il valore, il lusso, il desiderio.
In modo quasi automatico, per me e, con ogni probabilità, per tutti quelli che i 30 li hanno compiuti da qualche anno, il lusso è per definizione qualcosa di raro, inaccessibile, prezioso. Una conquista. Un premio. Un oggetto che racconta di esclusività e successo (“successo” parola chiave degli anni 90: “se avrai successo te lo potrai permettere”). Ma forse oggi, per chi cresce in un mondo fatto di stimoli continui, di immagini replicate all’infinito su uno schermo, il lusso non è più necessariamente avere qualcosa di costoso, ma apparire al meglio con intelligenza, strategia, intuito.
La dupe culture
L’esplosione della cultura del dupe dimostra perfettamente questo nuovo modo di pensare: non è un inganno, è una forma nuova di narrazione estetica. Non si tratta di accontentarsi di una copia ma c’è una nuova consapevolezza che sta crescendo lenta, ma tenace: non serve possedere per essere. Non serve svuotarsi il conto per sentire di valere. Non è un downgrade, ma una forma diversa di eleganza. Una più sottile, più psicologica. Più moderna. È la nascita di un lusso accessibile che non si misura in cifre, ma in intenzione. In scelta. In quel gesto semplice di dire: sì, ho speso meno, ma ho scelto bene. E sto bene.
Ciò che indossiamo parla di identità
Certo, il fascino dell’originale resta, PER FORTUNA! L’oggetto ben fatto, che dura, che ha una storia, una firma, è ancora capace di emozionarci, di invitarci, di muovere il desiderio. Ma il desiderio oggi ha mille forme, e la psicologia della moda lo sa bene: ciò che indossiamo non parla solo di status, ma di identità, di aspirazioni, di emozioni. Di come vogliamo essere visti e, ancora di più, di come vogliamo sentirci. Comprare il lusso non è più la modalità privilegiata per dimostrare di avere successo, di appartenere, di essere. Le generazioni più giovani, cresciute in un mondo instabile, digitale, accelerato, hanno imparato a non fidarsi troppo delle promesse pubblicitarie: hanno imparato che è più utile capire come funziona il sogno, che cercare di comprarlo a tutti i costi.
I dupe: desiderabili come prodotti di lusso
I social sono pieni di video in cui vengono presentati i dupe di moltissimi prodotti di lusso, dagli accessori, agli abiti, alla cosmesi. Sempre più negozi vendono prodotti simili nell’aspetto a quelli della case di moda di lusso, non per confondere, ingannare o simulare ma per raccontare e rispondere ad un cambio di paradigma: quei prodotti non voglio essere di lusso ma vogliono essere desiderabili come prodotti di lusso. E questo cambia tutto.
A differenza delle contraffazioni, che si fingono originali, i dupe sono onesti nella loro ispirazione. Non tradiscono, traducono.
Sono profondamente in sintonia con un bisogno nuovo: quello di esprimere status e stile in modo accessibile, democratico, consapevole. Il vero lusso non è più l’oggetto raro, ma la capacità di riconoscerne il linguaggio e riscriverlo con parole proprie. È un atto creativo.
La scelta dei ragazzi di oggi
In un mondo veloce, il lusso è lento. I ragazzi si fotografano quotidianamente mostrando i loro abiti e non possono, spesso non vogliono, investire somme esorbitanti in un guardaroba che cambia al ritmo degli algoritmi. E allora si cercano alternative. Si scelgono i dupe. Si accettano, si rivendicano, si mostrano con orgoglio. Perché il messaggio che trasmettono è potente: so cosa mi piace, so come ottenerlo, e non ho bisogno di indebitarmi per farlo.
Un oggetto di lusso può farci sentire potenti, ma anche inadeguati. Un dupe può farci sentire liberi, sicuri, intelligenti.
Quale sarebbe il vero lusso?
Non stiamo facendo pensiero e giudizio su cosa sia più funzionale, sano, universalista, benefico a lungo termine ma credo sia fondamentale interrogarci su questo fenomeno e guardarlo nella sua complessità, ripensandolo con gli occhi di chi lo vive, lo attraversa e lo promuove. Forse il vero lusso non è possedere l’oggetto originale, ma poter scegliere se volerlo davvero? Forse il vero potere non è la rarità, ma la consapevolezza? Forse la bellezza, oggi, passa anche da lì: da un equilibrio nuovo tra estetica e risparmio, tra desiderio e realtà, tra il sogno e il quotidiano?
Forse il vero privilegio è permettersi di desiderare, ma anche di dire no? Di sapere che si può apparire curati, unici, bellissimi anche con un capo trovato in saldo o una borsa dupe che imita, sì, ma senza fingere? Forse il lusso è passare davanti a una vetrina Hermès e pensare: potrei, ma non voglio. Oppure, non posso, ma non importa. Perché sto bene così. Perché mi conosco. Perché non ho bisogno di comprare qualcosa per dimostrarlo.
La sensazione è che chi indossa una dupe non si sta accontentando, sta raccontando una nuova storia. Una in cui l’accessibilità non toglie valore, ma lo ridistribuisce. In cui la moda non è solo status, ma linguaggio. Non solo vetrina, ma specchio.