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Il rebranding di Victoria’s Secrets non prende il volo, anche se le modelle continuano ad avere le ali. Il ritorno del brand sulle passerelle era stato annunciato come un nuovo inizio, una new way che avrebbe segnato una svolta storica per il marchio simbolo di lingerie. Ma, diciamolo chiaramente, il tentativo di rebrand sembra essere fallito miseramente.
L’idea di trasformare Victoria’s Secret da un’azienda caratterizzata da sfarzo, perfezione apparente e un’immagine irraggiungibile in un simbolo di inclusività e autenticità appare più che altro un esercizio di marketing.
Le promesse di una rinnovata visione inclusiva non hanno trovato un vero riscontro nella realtà: lo sfarzo è sparito e, con esso, anche la magia che, per quanto discutibile, aveva reso iconico il marchio.
Le modelle che hanno sfilato tra revival nostalgici e bandiere “femministe”
L’ambizione era quella di portare sulla passerella di lingerie più ambita del mondo un universo femminile diversificato, che rispecchiasse la naturale e biologica differenza tra diverse fisicità ed età.
Erano presenti le veterane, tutte sui 40 anni: Adriana Lima, Alessandra Ambrosio, Behati Prinsloo, Doutzen Kroes, Candice Swanepoel e Irina Shayk in un deja vu che ha intenerito i nostalgici. Una delle novità è stata la presenza di quelle che dovrebbero essere le donne che rispecchiano le donne “agè”: Carla Bruni, 56 anni, dovrebbe essere il modello per le donne di questa età, ma la sensazione è che l’abuso di chirurgia estetica la abbia resa poco “terrena”.
È tornata anche Tyra Banks, uno dei volti più iconici del marchio e che, negli anni ’90, era stata la prima modella afroamericana scelta per la copertina del catalogo di Victoria’s Secret.
È stato dato spazio anche alle modelle che hanno portato avanti la battaglia contro gli stereotipi promessa dal marchio con Ashley Graham e Paloma Essler, due icone per la normalizzazione delle plus size in passerella e Alex Consani e Valentina Sampaio in qualità di prime modelle trans a sfilare al Victoria’s Secret Fashion Show.
Tutto quello che non ci aspettavamo -1
Per anni, lo show di Victoria’s Secret è stato sinonimo di spettacolo, di un eccesso sfarzoso che portava in passerella le modelle più famose del mondo, ali di piume e coreografie spettacolari. Forse proprio per questo il brand era stato il bersaglio di polemiche sull’eccessiva magrezza delle modelle e di come queste veicolassero il messaggio di una bellezza, quasi perfetta ma eccessivamente filiforme.
L’attesa per il ritorno sulle passerelle era accompagnata dalla promessa di una versione “aggiornata” e più sensibile ai cambiamenti sociali, sulla scia di quanto stanno tentando di fare altri brand di biancheria intima da donna, vedi Intimissimi.
Ma la sfilata di quest’anno – prima di tutto – non ha saputo riportare l’antico splendore, sostituito da una messa in scena più sobria, priva di quella grandeur che aveva caratterizzato i Victoria’s Secret Fashion Show degli anni d’oro. Il risultato? Uno spettacolo insipido, che ha cercato di essere inclusivo senza riuscire veramente a coinvolgere nessuno.
Inclusività di facciata
Victoria’s Secret aveva promesso un cambiamento radicale, anche perché le vendite sono diminuite drasticamente: il fatturato del 2023 è stato in ribasso di 1,1 miliardi di sterline rispetto al 2020. Cifre choc.
Ma, al di là delle cifre e delle ragioni anche e soprattutto economiche che possono aver mosso questo rebranding, mi domando: è davvero questa è la normalità delle donne che Victoria’s Secret vuole rappresentare? Sembra che il marchio sia strattonato tra due anime inconciliabili: da un lato, la perfezione ideale e lo sfarzo di un passato ormai obsoleto ma che ha fatto la fortuna del brand, dall’altro, il desiderio di trasformarsi in qualcosa che il suo DNA (forse) non prevede affatto.
E poi, davvero Carla Bruni è il modello di body positivity che ci viene proposto? Tutte bellissime, certo, ma questo non basta: o si fa bene il cambiamento, oppure è meglio non farlo affatto. Victoria’s Secret sembra voler tenere il piede in due scarpe, inserendo una modella curvy, una transgender, ma senza crederci davvero fino in fondo.
Carla Bruni dovrebbe rappresentare le donne più mature, ma la sua pelle liscia senza una ruga sembra più il risultato di un filtro Instagram che di un reale invecchiamento. Tyra Banks, in leggings e trench, sembrava più pronta per una sfilata autunno/inverno che per un evento di lingerie. Ashley Graham, l’unica vera rappresentante curvy, ha sfilato in lingerie, mentre le altre erano coperte in vestaglia: un segnale fin troppo chiaro di quanto il rebranding sia solo di facciata.
Se Victoria’s Secret vuole davvero abbracciare la diversità, deve farlo con autenticità e coerenza, altrimenti il risultato sarà solo una parodia del cambiamento.