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Addio a Papa Francesco

La semplicità della sua rivoluzione silenziosa

di Annalisa Tortora
3 min

È morto ieri, lunedì 21 aprile, Papa Francesco. È morto in un giorno che da sempre è sinonimo di spensieratezza, dopo la celebrazione della Resurrezione del Figlio di Dio che vince la morte per salvare i suoi figli. Oggi raccontiamo di un uomo che ha rinunciato ai troni, ai palazzi, agli ori e ha riscritto, con la forza di gesti semplici ma potentissimi, l’immagine pubblica della Chiesa. La notizia ha scosso il mondo intero come solo la morte di figure iconiche sa fare: ieri è morto non solo il leader spirituale di oltre un miliardo di cattolici, ma un simbolo, un’immagine. Non entreremo nel merito della sua visione teologica o delle sue riforme dottrinali perché non ci compete. Ma Iconic Image si occupa di immagine, di simboli, di linguaggi e da questo punto di vista, Francesco è stato un rivoluzionario: un linguaggio visivo intriso di messaggi, quello di Jorge Mario Bergoglio, vescovo di Roma, un Papa che ha scelto di apparire diverso, prima ancora che di dimostrare di essere diverso.

Era il 13 marzo 2013 

Quella sera il mondo attendeva un nuovo Papa dopo la fumata bianca. “Nuntio vobis, magno gaudio: habemus Papam!”. Il nome del nuovo Pontefice risultò sconosciuto ai più. Jorge Mario Bergoglio? Il nome da Papa, però, era già un messaggio inequivocabile: Franciscum. E poi la prima immagine di Francesco che si affaccia dalla loggia centrale della Basilica Vaticana: la talare bianca, senza stole, immobile, sorridente. “Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo!”. E poi un altro gesto: prima di benedire la folla festante la richiesta di una benedizione al popolo, per lui, uomo, prima che Papa. Un gesto rivoluzionario che sarà distintivo del suo Pontificato. Quel 13 marzo si presenta al mondo un Papa che è uomo tra gli uomini.

I segni visibili di qualcosa di diverso

Mai come con Francesco l’abito ha fatto il monaco. E come sappiamo, anche quando l’abito non fa il monaco, lo veste e in questo modo ci aiuta a riconoscerlo grazie ad una simbologia codificata: quella di Francesco ha rotto gli schemi dell’immaginario collettivo riferito al Santo Padre. Dal rifiuto della mozzetta rossa tradizionale dei Papi alle scarpe nere, semplici, ortopediche, invece dei mocassini rossi del suo predecessore, simbolici dell’autorità papale. Portava l’anello del pescatore, sì, ma non d’oro così come non era d’oro la croce pettorale, la sua era di ferro, quella di sempre, quella di quando era arcivescovo di Buenos Aires. Talmente è radicata l’immagine semplice di Francesco, vestito di bianco senza orpelli e fronzoli, che quasi stride con le foto diffuse in queste ore in cui il rosso è il colore predominante. Con il suo avvento, Bergoglio, ha modificato il codice estetico vaticano. Piccoli dettagli? Tutt’altro! Perché se l’abito veste il monaco allora sono le uniformi del potere a determinarne, spesso, la percezione pubblica. L’apparato estetico pontificio, per secoli sontuoso, dorato, quasi barocco, viene scardinato da Bergoglio non con una rivoluzione dichiarata, ma con l’insistenza di un linguaggio fatto di gesti e di un’immagine semplice ma coerente. L’effetto fu travolgente e così i suoi predecessori apparirono all’improvviso come rievocazioni di un mondo passato e distante, mentre Francesco sembrava sempre più attuale, quotidiano quasi casalingo.

Il Papa del “grazie ma no grazie”

Niente appartamento papale nel Palazzo Apostolico per Papa Francesco, preferì vivere nella stanza 201 della Domus Sanctae Marthae, in un alloggio semplice, in un luogo di condivisione. Pretese di pagare il conto dell’alloggio per i giorni del Conclave e il suo primo spostamento, neoeletto Papa, fu in pullman insieme agli altri cardinali. Si muoveva a piedi e nelle prime sere del suo Pontificato c’è chi giura di averlo visto gironzolare nei paraggi di Santa Marta. Il messaggio era chiaro: un Papa vicino, di comunità, di prossimità, un uomo tra gli uomini. La sua cifra è stata il camminare tra la folla, toccare i volti, chinarsi sui bambini e sugli infermi. Un Papa che mangia alla mensa con gli altri prelati, che si serve da solo il caffè, che telefona ai fedeli, sono diventati parte integrante della sua narrazione pubblica. Un uomo che in quanto tale sbaglia e chiede perdono per questo. Ed è questa sua immagine, di un uomo semplice vestito di bianco, sempre, senza ori e tessuti sfarzosi, coronata con i gesti altrettanto semplici, che ha saputo disinnescare la ritualità del trono di Pietro, virando su una leadership più umana e meno “santa”.

Il Papa e la sua immagine pubblica

Senza trucco e senza inganno lo sguardo del Pontefice, uno sguardo che ho avuto personalmente l’onore di incrociare pochi anni dopo l’inizio del suo Pontificato, uno sguardo magnetico, caldo, accogliente, a volte stanco, spesso sorridente, sempre umano. Francesco ha scelto dal primo istante la comunicazione della semplicità e della coerenza, senza nessun maquillage da leader in tournée eppure con una grande capacità di ingaggio. L’apertura di un canale X, al tempo Twitter, la copertina di Rolling Stone, l’elogio di Time, le rughe, la stanchezza, le occhiaie. Nessuna costruzione estetica e nessuna estetica costruita, anzi, foto ufficiali spesso buffe, come quel celebre scatto in cui cerca di tenere lo zucchetto che non voleva rimanere fermo per il vento. Tutto ha contribuito a scolpire una figura che rappresentava, in fondo e di fatto, una nuova forma di leadership anche visiva. Non più distante e impersonale, ma emotiva e accessibile. Tutto calcolato? Può essere. Ma anche fosse, la forza di quei gesti resta, confermando uno stacco netto con un passato in cui la figura papale era quasi sempre percepita (costruita?) come distante e irraggiungibile.

Papa Francesco e il suo “Less is more

Francesco non è stato il Papa guerriero, né lo statista. Quando si sedeva accanto ai grandi della Terra, sembrava quasi “fuori posto”, troppo poco grandioso per il suo ruolo. Mai una mitria troppo imponente, un protagonista della scena vestito di mitezza e umanità, indossando l’umiltà come si indossa un vecchio cappotto: senza vanità, avvolto nel calore di un abito che conosci e anche se non è il più bello è quello che sa ripararti meglio dal freddo. Ha scelto una comunicazione visiva essenziale dove ogni sottrazione diventava un’aggiunta di significato. E la rinuncia alla teatralità, nel tempo dell’overacting comunicativo, è forse il gesto più audace e rivoluzionario che potesse compiere. E così, anche dopo la sua morte, Francesco lascia un testamento semplice in cui dispone di un funerale semplice e una sepoltura semplice, nella terra, non in San Pietro ma in Santa Maria Maggiore. Un Papa che ha scelto la sobrietà, che ha comunicato con la semplicità delle parole, dell’immagine, dei piccoli grandi gesti.

Un’eredità visiva, ma non solo

Papa Francesco lascia in eredità, tra le altre cose, una rivoluzione estetica che insegna come l’immagine del potere anche se spogliata di ogni eccesso può mantenere la sua autorevolezza, la sobrietà può diventare segno, la tenerezza può essere linguaggio. Ma soprattutto insegna che l’immagine unita ai gesti, quando c’è coerenza, vale più di mille parole. Chiunque verrà dopo di lui dovrà fare i conti con un nuovo paradigma visivo e di certo, a prescindere da come la si pensi, dovrà scegliere uno stile comunicativo che vede in Francesco un vero spartiacque tra la sobrietà e la rinuncia alla spettacolarizzazione o il ritorno ai fasti barocchi con il rischio di apparire anacronistico. In ogni caso non sarà facile indossare lo stesso bianco perché, di fatto, Francesco non ha solo cambiato il modo di essere Papa ma ha cambiato anche il modo in cui il mondo guarda un Papa.

Di lui, oggi, resta quell’immagine semplice di un uomo vestito di bianco, seduto su una sedia modesta, che sorride, anche stanco, anche provato dalla malattia, con la sua croce di ferro, sorride, incitando i fedeli a “trovare il coraggio di essere felici”. Nessun trono dorato. Nessuna posa. Tanta presenza. E tanti messaggi, che siamo certi, resteranno nella storia, dal “Chi sono io per giudicare?” a “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade…” a una delle sue frasi più ricorrenti “Non dimenticatevi di pregare per me”.

Che riposi in pace, quel Papa uomo, semplicemente vestito di bianco.

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